Neuroma di Morton: scopriamolo insieme

INDICE

Cenni storici sul neuroma di Morton

Una delle cause più comuni di “piede doloroso” è la presenza di un neuroma plantare, comunemente nota come neuroma di Morton. Il quadro clinico di questa affezione, tipica patologia di confine tra reumatologia ed ortopedia, fu dettagliatamente descritto nel 1876 da Thomas George Morton (1835-1903) (chirurgo di Filadelfia), ed è caratterizzato dalla brusca comparsa, durante la deambulazione, di un dolore crampiforme della pianta del piede, all’altezza delle articolazioni metatarso-falangee, che scompare dopo alcuni minuti di riposo, soprattutto se il paziente anzi, la paziente, dato che l’affezione è assai più frequente nel sesso femminile, in rapporto all’uso di calzature strette ed alte si toglie le scarpe e massaggia il piede. La sintomatologia dolorosa è determinata dalla presenza di un neuroma o fibroneuroma del nervo plantare, che consegue alla cronica compressione del nervo tra la testa del IV osso ed il collo del III osso metatarsale.

La presenza del neuroma non fu però rilevata da Morton, che comunque ottenne un buon risultato terapeutico attraverso l’escissione dell’articolazione metatarso falangea. Neppure il figlio, Thomas S.K. Morton, che nel 1893 riferì su altri 6 casi dell’affezione descritta da suo padre mise in evidenza il substrato anatomopatologico della metatarsalgia , come invece fece, sempre nel 1893, A.E. Hoadley. In realtà, l’accenno ad una nevralgia del nervo plantare a livello del III spazio intermetatarsale era già stato fatto nel 1845 da Lewis Durlacher (1792- 1864), chirurgo del piede inglese. Lewis Durlacher ebbe in cura tre sovrani inglesi, tra i quali la regina Vittoria e Giorgio IV e ottenne l’attenuazione della sintomatologia dolorosa attraverso l’applicazione di un apposito plantare. Ma ancor prima che sul piano clinico, questa affezione era stata identificata su quello anatomico, per merito del pistoiese Filippo Civinini (1805-1844)). Civinini iniziò gli studi medici nella sua città, per proseguirli poi all’Università di Pisa. Nel 1834 fu chiamato come dissettore anatomico all’Università di Pisa, dove poi divenne, l’anno successivo, professore di Anatomia e, infine, nel 1842, di Patologia e Istituzioni Chirurgiche. Morì nel 1844, a soli 39 anni, per endocardite reumatica.

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Di Civinini rimangono almeno una ventina di scritti, la maggior parte dei quali sono, ovviamente, d’argomento anatomico. Tra gli studi d’argomento anatomico, quelli più importanti, sul piano scientifico, si riferiscono alle connessioni vascolari materno-fetali ed all’osteologia del cranio, in particolare lo studio sui cornetti sferoidali di Bertin.

Com’è ovvio, a noi interessa in questa sede una “lettera anatomica”, datata 28 settembre 1835, nella quale l’autore riferisce su una singolare osservazione (“rara, o fors’anche, com’anch’io credo, senz’altro esempio in tutto uguale almeno conosciuto finora”) di “un nervoso rigonfiamento alla pianta del piede”. La descrizione molto dettagliata del IV ramo del nervo plantare che, “oltrepassata appena la diafisi del III metatarso ingrossa quivi manifestamente, lascia il bianco latteo suo colore per prenderlo rossigno, diviene fusiforme di cilindrico che era”, dividendosi poi in due rami che “si fanno cilindrici, dopo di che nulla ritengono del colore o altri caratteri esterni del rigonfiamento che diè loro origine”, non lascia dubbi sulla sua identità con quello che oggi sappiamo essere il substrato anatomico dell’affezione che sarà più avanti segnalata da Durlacher e Morton, e che per molto tempo è stata riportata solo con l’eponimo di quest’ultimo. Identità che risulta ancor più chiara osservando la Tavola che accompagna la descrizione.

Si dovrebbe quindi parlare espressamente di “neuropatia di Civinini-Durlacher”, come causa della cosiddetta metatarsalgia di Morton o neuroma di Morton (neurinoma di Morton).

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Conosci l’anatomia del neuroma di Morton?

I nervi digitali plantari sono rami dei nervi plantari interni ed esterni, branche di divisione terminali del nervo tibiale posteriore. All’interno e a ridosso dello scafoide il nervo plantare interno si divide in due rami; uno interno assai esile che diventa il nervo collaterale interno dell’alluce, l’altro esterno più grande che si divide in tre rami, ovvero i nervi digitali plantari del 1°-2°-3° spazio intermetatarsale. Il nervo plantare esterno si divide in una branca profonda motrice ed in una superficiale sensitiva che da origine al nervo digitale del 4°spazio ed al collaterale esterno del 5°dito.

I nervi digitali plantari si dividono in nervi plantari. Esiste una anastomosi fra il 3° e il 4° nervo digitale, seppure incostante. Molti autori hanno recentemente messo in evidenza la nozione anatomica di un tunnel fra le teste metatarsali. In effetti il nervo digitale plantare a ridosso delle teste metatarsali cammina in un tunnel ben definito. La volta è costituita dal legamento inter-metatarsale, formazione solida della quale il bordo anteriore risiede a 5 mm a ridosso. Il legamento è poco teso in posizione di riposo, ma si tende in appoggio per l’appiattimento dell’arco anteriore del piede. La base del tunnel è formata dal legamento trasverso superficiale che riunisce le bandellette sotto tendinee dell’apice dell’aponeurosi plantare superficiale. Esso si pone in avanti nella fossa ovale attraverso il legamento trasverso interdigitale. Le pareti del tunnel inetrcapito metatarsale sono formate da linguette laterali costituite dall’aponeurosi plantare media. Queste linguette fibrose perforano il legamento intermetatarsale e si fissano sul dorso delle articolazioni metatarso-falangee, formando degli archi fibrosi sotto i quali passano i tendini flessori ed il fascio vascolo-nervoso intermetatarsale. Il tunnel fra le teste metatarsali è attraversato dai tendini dei muscoli lombricali, dall’arteria interossea plantare e dal nervo digitale. La divisione del nervo digitale plantare avviene davanti al bordo anteriore del ligamento trasverso intermetatarsale. L’estensione della borsa sierosa metatarso-falangea non è anatomicamente chiara; essa va dalla faccia plantare del legamento trasverso superficiale, ma favorita da una soluzione di continuo del pavimento, come la fossa ovale, pur aderire al n. digitale. Il tunnel fibroso esiste fra tutti gli spazi inter-metatarsali. Va notato che dall’origine del tunnel al bordo anteriore del legamento Inter-metatarsale gli elementi vascolo nervosi formano un angolo di 45°prima di dirigersi verso le dita corrispondenti. Durante la fase di appoggio quest’angolo diventa di 90°.

ANATOMIA PATOLOGICA NEUROMA PLANTARE

Il neuroma di Morton è un nodulo circoscritto, non capsulato, le cui lesioni più precoci, specifiche e costanti toccano l’endonevrio. Le lesioni iniziali consistono in edema dell’endonevrio che rapidamente si accompagna a jalinizzazione della parete vasale. Lo studio ultrastrutturale mostra un ispessimento della membrana basale delle arteriole e dei capillari dell’endonevrio. Il deposito interstiziale di collageno e di materiale amorfo conduce alla formazione di dischi ialini che sostituiscono i nervi. Queste alterazioni, presenti anche in altre malattie nervose, sono costanti nel neuroma di Morton. Proseguendo, l’evoluzione porta a sclerosi dei vasa nervorum. Le fibre mieliniche diminuiscono di numero e la mielina diviene meno spessa. Le fibre amieliniche, dopo una breve fase di iperplasia, si rarefanno, in seguito all’accumulo di materiale jalino nell’interstizio. Il perinevrio si ispessisce più tardi. Le lesioni del neuroma di Morton sono del tipo degenerativo, senza nessun elemento proliferativo; quindi non si può parlare propriamente di neuroma.

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Cos’è il neuroma di Morton?

Il neuroma di Morton (neurinoma di Morton) è dovuto alla sofferenza di uno o più nervi plantari che decorrono negli spazi delineati dai rispettivi metatarsi, definendo una tipica metatarsalgia nevralgica, dovuta a un neuroma inter-metatarsale. I pazienti lamentano dolore urente nella regione metatarsale laterale, infatti di norma il neuroma di Morton è localizzato nello spazio fra il terzo e il quarto metatarso ma anche in quello tra il secondo e il terzo, tra il quarto e quinto e, anche se molto più raramente, tra il primo e il secondo. Molti autori riportano casi di neuromi situati fra il primo e il secondo metatarso. Secondo Braham il neuroma di Morton è praticamente sempre fra secondo e terzo spazio. È comunque comune l’esistenza di neuromi multipli nello stesso piede, frequenti anche le forme bilaterali. Nel campo delle sindromi canalicolari, dette altrimenti neuropatie da intrappolamento, il neuroma di Morton risulta assolutamente atipico, a causa della formazione del tipico neuroma.

Il neuroma di Morton viene denominato nella letteratura internazionale con più sinonimi, fra i quali i più diffusi sono neuroma inter-metatarsale, neuroma interdigitale, neuroma plantare, neurite interdigitale, metatarsalgia di Morton.

Nel corso degli anni il neuroma di Morton (neurinoma di Morton) ha trovato una sua precisa collocazione clinica, sulla base di studi che ne hanno analizzato l’eziopatogenesi, le caratteristiche cliniche e quelle anatomo-patologiche. Va sottolineato come il termine neuroma stia a indicare, dal punto di vista istologico, una fibrosi perineurale con edema endoneurale, degenerazione assonale e proliferazione vascolare locale, in assenza di fatti proliferativi del tessuto nervoso vero e proprio, che anzi risultata impoverito e disperso. Come descritto da Volpe, nel neuroma di Morton rientrano sia quadri iniziali di compressione del nervo digitale plantare al di sotto del legamento trasverso intermetatarsale (TIML), sia quadri più evoluti di vero e proprio rigonfiamento del nervo digitale, che assume l’aspetto del classico neuroma di Morton, talora con ingrossamento della borsa intermetatarsale.

A questo proposito Weinfield e Myerson propongono il termine di neurite interdigitale (“distal intermetatarsal neuritis”, IDN), forse il più adatto a comprendere sia le forme di neuropatia da intrappolamento del nervo digitale sia quelle con evoluzione neuromatosa.

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Quali sono le cause del neuroma di Morton?

I nervi digitali comuni decorrono in un tunnel anatomico costituito superiormente dal legamento trasverso inter-metatarsale (TIML), lateralmente dalle due ossa metatarsali corrispondenti, al di sotto delle quali sono presenti, nella loro tunica, i tendini flessori, plantarmente dalla robusta fascia plantare.

Nello svolgimento fisiologico del passo la zona interessata dal neuroma di Morton viene sollecitata in senso verticale, a causa delle forze derivanti dalla reazione di appoggio, maggiormente nel periodo di propulsione, appena prima dello stacco dell’alluce. Se lo svolgimento del passo è fisiologico, il rotolamento avviene a livello delle teste metatarsali, mantenute stabili al suolo dal fisiologico irrigidimento medio-tarsico garantito dalla progressiva supinazione sotto-astragalica: il peroniero lungo stabilizza il primo metatarso e i condili metatarsali sono ben stabili in senso trasversale.

All’opposto, in un eccesso di pronazione con conseguente medio-tarsica sbloccata durante il periodo di appoggio, il primo metatarso diviene instabile e i metatarsi laterali oscillano in senso pronatorio e si avvicinano fra loro. Ne derivano due situazioni biomeccanicamente sfavorevoli per il fascio nervoso: una oscillazione della componente scheletrica rispetto al piano plantare fisso al suolo e un avvicinamento delle teste metatarsali, con riduzione “funzionale” del tunnel osteofibroso.

Evidente il trauma meccanico ripetitivo, che si associa spesso a ispessimento del TIML. Poiché l’arteriola digitale corre a fianco del nervo digitale, ne derivano fattori ischemici ripetitivi, cui viene imputata la progressiva degenerazione della componente nervosa intraneurale. In effetti, sul piano anatomo-patologico, è caratteristica la presenza di ispessimento e sclerosi delle pareti articolari.

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Accanto a fattori biomeccanici nelle cause del neuroma di Morton, intervengono anche svariati fattori anatomici concorrono alla compressione del nervo. Bossley e coll. hanno dimostrato l’importanza della borsa intermetatarsale nella genesi della compressione. Infatti il rigonfiamento della borsa sottende da sopra il TIML con conseguente aumento dell’effetto di taglio del bordo anteriore del legamento nella iperestensione del dito.

Questo viene ovviamente amplificato da alcuni tipi di calzatura (scarpa con tacco a spillo) oppure da alcune attività specifiche, fra cui il ballo. Ecco perché la MS è chiamata anche “metatarsalgia dei tacchi a spillo”.

Lo stesso Morton affermava che il neuroma era provocato da un conflitto fra le due branche del nervo plantare esterno e la notevole mobilità` del 5° metatarso. Betts suppone l’esistenza di un’anastomosi fra 3° e 4° nervo digitale per spiegare la formazione del neuroma. Lo stiramento che avviene durante la dorsi-flessione delle dita sul ligamento trasverso inter-metatarsale conduce a dei traumatismi ripetuti che portano a fibrosi. Mc Elvennù propone l’eziologia tumorale (neurofibroma, angiofibroma), ma le osservazioni istologiche smentiscono questa ipotesi. La teoria ischemica è sostenuta da Creer e Nissen. La lesione dell’arteria anteriore darebbe una fibrosi perivenosa in pazienti con metatarsalgia che dura da meno di 2 mesi. Inoltre l’arteria è a diretto contatto con il ligamento trasverso inter-metatarsale.

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Questa teoria è oggi in discussione. In alcuni casi si ritrovano lesioni vascolari senza lesioni nervose. Lassmann è favorevole ad una neuropatia da compressione; prenderebbe valore l’ipotesi di una sindrome canalicolare di Gauthier e Dutetre. Queste teorie non possono escludere alcuni fattori associati, come le turbe statiche dell’avampiede. L’associazione con un avampiede piatto o tondo è frequente (70% per Denis) o con un’insufficienza del 1° raggio (Viladot).

La frequenza elevata di localizzazioni al 3° nervo digitale resta non perfettamente spiegata. Si tratterebbe di una somma di fattori meccanici. Altri autori insistono sull’origine infiammatoria della fibrosi nervosa.

Il neuroma di Morton pur essere rilevatore di un’affezione generale. Sheppard nel 1975 su 50 pazienti operati ha costatato l’esistenza di una base infiammatoria nel 70% dei casi ed il 50% dei pazienti soffrivano di poliartrite reumatoide. Vaino nel 1978 su 69 pazienti operati trova 52 pazienti che soffrivano di poliartrite reumatoide.

Questi autori hanno ritrovato un tessuto infiammatorio proveniente dalle metatarsofalangee sotto la borsa sita fra le teste metatarsali. All’esame istologico si ritrovano noduli reumatoidi. La teoria infiammatoria coadiuva la teoria meccanica poiché le lesioni nervose non sono specifiche e risultano da una compressione cronica da elementi estrinseci. Il neuroma di Morton è una sindrome canalicolare provocata da fattori molteplici: anatomici, statici, dinamici e occasionali, e di volta in volta uno di essi può predominare.

Neuroma di Morton: quali sono i sintomi?

I pazienti che soffrono di neuroma di Morton (neurinoma di Morton) spesso riferiscono: dolore acuto, senso di dolore parossistico a livello dell’avampiede e localizzato alle articolazioni metatarso-falangee. Il dolore può irradiarsi alle dita o verso il piede; si esacerba con la marcia prolungata e con l’uso di scarpe strette. Col tempo il riposo diviene inutile, il dolore diviene onnipresente con crisi parossistiche notturne.

CORREDO DEI SINTOMI DEL NEUROMA PLANRARE:

  • dolore acuto tipo nevralgico;
  • sensazione di corrente elettrica;
  • bruciore locale;
  • bisogno improvviso di togliersi la calzatura.

Il segno caratteristico consiste in una tumefazione notevole che può deviare le dita adiacenti. Questo segno è sempre presente se c’è una associazione con artrite reumatoide. Nella maggioranza dei casi l’avampiede è normale e la percussione plantare svela un dolore a livello del 3° spazio fra le teste metatarsali, con irradiazione dolorosa alle dita corrispondenti. L’ipo-iperestesia delle superfici adiacenti alle dita è sottolineata da molti autori.

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Come fare diagnosi del neuroma di Morton

La diagnosi di neuroma di Morton, come ricorda ampiamente tutta la letteratura in proposito è clinica, sulla base di una accurata anamnesi e dell’esame clinico e viene effettuata presso l’F-Medical group di Frosinone.

Il paziente giunge all’osservazione lamentando un saltuario bruciore alla pianta del piede, con crampi e presenza di iperestesie o disestesie alle dita esterne, intolleranza alla calzatura, con necessità di massaggiarsi il piede appena compare il dolore.

Non sempre la descrizione è così tipica ed è importante interrogare bene il paziente; da sottolineare tuttavia, come elemento discriminante, la scomparsa del dolore a riposo e la ricomparsa sotto carico. Tipico il “segno della vetrina”, dovuto alla necessità di fermarsi per sfilarsi la scarpa durante una passeggiata.

Anche la comparsa del dolore in occasione di specifiche attività sportive, può rappresentare un elemento indirizzante verso la diagnosi di neuroma di Morton.

All’ispezione, nei casi tipici, il piede è apparentemente normale, con assenza di qualsiasi deformità.

L’esame clinico si esegue a paziente disteso, valutando attentamente la forma dell’avampiede, la cute plantare, la posizione delle dita. Si verifica delicatamente la motilità metatarsale e la flessione plantare e dorsale delle metatarso-falangee. Si passa quindi all’esplorazione palpatoria degli spazi inter-metatarsali, che vengono pinzettati selettivamente fra pollice e indice. Questa manovra in genere provoca dolore, con tipica irradiazione verso il polpastrello delle dita corrispondenti.

Ciò fatto, l’interspazio viene nuovamente esaminato con pressione più delicata, mentre con l’altra mano vengono avvicinati i metatarsi. Nei casi tipici di neuroma di Morton si realizza un classico scatto quando l’eventuale neuroma viene spinto verso la pianta, realizzando quello che Mulder chiamò “click” (segno di Mulder). Si passa poi a un accurato esame della sensibilità digitale, sia con strumento a punta sia con diapason vibratorio. La sensibilità vibratoria dell’apice del polpastrello è in genere la più compromessa.

Tuttavia non raramente l’esame non è conclusivo e necessita di successiva rivalutazione dopo ulteriori approfondimenti.

Oggi l’inquadramento diagnostico del neuroma di Morton non può prescindere, per la conferma del sospetto diagnostico, dalle moderne tecniche di “imaging” radiologico.

L’INDAGINE ECOGRAFICA PER LA RICERCA DEL NEUROMA

L’ecografia, effettuata presso l’F-Medical group Frosinone, con precise e specifiche tecniche nei dettagli esecutivi, si è dimostrata nel corso degli anni, grazie anche al miglioramento tecnologico delle attrezzature utilizzate, sicuramente affidabile e facilmente proponibile, anche per le sue caratteristiche di relativa economicità. L’esame, va condotto con scansioni ecotomografiche plantari e dorsali, trasversali e longitudinali, con sonda ad alta frequenza da 12 MHz. Il Neuroma di Morton appare omogeneamente ipoecogeno, ben riconoscibile dal grasso iperecogenico adiacente e dall’ombra delle corticali metatarsali. Durante l’esame si cerca di allargare fra loro gli spazi intermetatarsali, esercitando una leggera pressione sull’avampiede, per migliorare le possibilità di esplorazione ecografica, mentre il riconoscimento della pulsatilità arteriosa accanto al nervo ne facilita l’identificazione e il percorso. Secondo Shapiro e poi Quinn, ci si può attendere un’affidabilità diagnostica intorno al 95% per neuromi superiori a 5 mm, essendo di 2 mm il limite massimo del nervo normale. Si può eseguire anche con tecnica dinamica (ecografia dinamica), come proposto da Torriani e poi da Perini, ricreando durante l’esame il cosiddetto “click” descritto da Mulder. Con questa manovra si lussa manualmente dal lato plantare la formazione neuromatosa, che poi scatta di nuovo verso la pianta del piede nella manovra di avvicinamento delle dita.

Perini, preferisce utilizzare una sonda lineare da 10 MHz, con questa tecnica è più facile identificare il neuroma di Morton, che si riconosce più agevolmente nel suo spostamento e si può più facilmente misurare nelle sue dimensioni; l’esame diventa così significativo per neuromi da 3,5mm in su.

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La risonanza magnetica offre ulteriori vantaggi nella diagnosi della Sindrome di Morton, anche se è da considerare indagine di secondo livello. La risonanza magnetica si dimostra secondo alcuni Autori, come Zanetti e coll., più utile nella scelta terapeutica in senso chirurgico, per la maggiore accuratezza nella localizzazione del neuroma e delle sue dimensioni.

Sicuramente la Risonanza Magnetica è superiore nella diagnosi differenziale, per la sua sensibilità verso le patologie in diagnosi differenziale, come le fratture da stress, le capsulosinoviti meccaniche delle metatarso-falangee, le forme sinoviali articolari, altre patologie delle parti molli come lipomi, angiomi, gangli tendinei.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE DELLA SINDROME DI MORTON

Il neuroma di Morton può entrare in diagnosi differenziale con numerose altre patologie dell’avampiede, in primis la capsulo-sinovite meccanica che accompagna l’instabilità metatarso-falangea. Questa è sicuramente la condizione patologica più frequentemente in diagnosi differenziale, che tuttavia non esclude la coesistenza di un neuroma.

In caso di capsulo-sinovite, tuttavia, il dolore è elettivo sulla metatarso-falangea interessata, la mobilizzazione articolare dolente, il dito è atteggiato in iniziale flessione. Il test di stabilità articolare, il cosiddetto Lachman del dito, è positivo.

Altra patologia non infrequentemente in diagnosi differenziale è la frattura da stress metatarsale, specie se in presenza di sintomi iniziali o in regressione.

Nella lista vanno inserite forme artritiche all’esordio, sia artrite reumatoide sia artrite psoriasica, borsiti inter-metatarsali, degenerazione/atrofia del cuscinetto plantare, osteocondrite tipo Freiberg della seconda metatarso-falangea o tipo Panner, nel caso della terza metatarso- falangea, tumore glomico o sarcoma fibroblastico. A livello del 1° spazio si può fare la diagnosi di sesamoidite. Gli esami complementari si basano su un esame radiografico dell’avampiede a riposo e sotto carico e sulla visione dell’impronta plantare. L’esplorazione EMG sensitiva è di difficile esecuzione ed interpretazione.

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Qual è il trattamento adeguato per il neuroma di Morton?

Benché il neuroma di Morton (neurinoma di Morton) sia oggi ben conosciuta e definita negli aspetti anatomo-patologici e istologici, mancano oggi protocolli universalmente accettati per il trattamento. Alcune proposte, come quella di Bennett e coll., che prendono in considerazione misure conservative, infiltrazioni cortisoniche e trattamento chirurgico, non consentono di trarre conclusioni definitive.

Ai fini del trattamento, tutti gli Autori sono concordi nell’affermare che il trattamento conservativo del neuroma di Morton va sempre tentato prima di altre scelte.

Possiamo schematizzare il trattamento del neuroma di Morton in tre grandi capitoli:

  • trattamento ortesico e fisioterapico/riabilitativo;
  • trattamento infiltrativo e sua evoluzione;
  • trattamento chirurgico.

Trattamento ortesico e fisioterapico/riabilitativo

Nel capitolo riguardante le cause del neuroma di Morton si è ampiamente discussa la patobiomeccanica, che porta alla sollecitazione meccanica del nervo digitale comune da parte delle strutture metatarsali e alla fibrosi conseguente, che coinvolge le parti molli costituenti il tunnel osteofibroso.

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Il trattamento ortesico mirerà dunque da un lato a frenare l’eccesso di pronazione, dall’altro a diminuire le sollecitazioni verticali, mediante utilizzo di opportuno materiale con funzione di “shock absorber”. Da preferire il plantare confezionato su misura, su calco di gesso, in neutra della sottoastragalica, con sostegno della volta longitudinale, con goccia o barra retrocapitata a seconda della tipologia di piede, per favorire il fisiologico “pattern” dei carichi metatarsali, da laterale a mediale, prima dello stacco sull’alluce.

Fondamentale l’accoppiamento con calzatura che accomodi il piede senza costrizioni, una tomaia morbida e una suola robusta del tipo a barchetta, per favorire un rotolamento senza picchi di carico (“smooth transmission”).

Il trattamento ortesico va proseguito per tempi prolungati, onde proteggere le strutture a rischio, soprattutto il fascio vascolo-nervoso.

Al trattamento ortesico può essere associato un trattamento fisiatrico/riabilitativo, mirato ad eliminare la componente flogistica che talora accompagna il neuroma di Morton.

Dal punto di vista farmacologico può esservi indicazione a utilizzare FANS e neurotrofici, anche se non esistono dimostrazioni di reale efficacia di tali trattamenti nei confronti della sintomatologia direttamente correlata al neuroma di Morton e non a eventuali patologie associate.

Nello studio di Bennett il 41% dei casi trattati conservativamente (scarpe adatte a volume ex-tra, ortesi di scarico, “pad” metatarsali morbidi) dimostra miglioramenti significativi con queste procedure non invasive.

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Trattamento infiltrativo e sua evoluzione

Le opzioni infiltrative erano rappresentate fino a poco tempo fa dal trattamento infiltrativo cortisonico, oppure dalla fenolizzazione diretta del nervo.

Il primo tipo di trattamento sembrava dare risultati discreti, ma assolutamente temporanei. Inoltre sono stati segnalati anche effetti collaterali negativi del trattamento infiltrativo cortisonico, con possibili rischi di atrofia del cuscinetto plantare e discromie/atrofie cutanee, con notevole danno estetico e funzionale.

In alternativa alle infiltrazioni cortisoniche nel trattamento del neuroma di Morton, la fenolizzazione diretta del nervo ha dato, nelle mani di alcuni Autori, risultati promettenti. Tuttavia l’azione potenzialmente necrotizzante del fenolo, pur efficace nell’eliminare il dolore nevralgico per la nota azione neurolitica diretta, era gravata da un alto tasso di disturbi collaterali, con riscontro di danni anche severi alle parti molli intermetatarsali.

Nel campo del trattamento infiltrativo del neuroma di Morton, è l’alcolizzazione a offrire semmai prospettive più promettenti, in reale alternativa alla chirurgia. L’etanolo iniettato intorno e dentro il nervo produce una neurolisi chimica, attraverso disidratazione, necrosi e precipitazione del protoplasma.

L’utilizzo dell’alcool diluito (4%) per infiltrazione diretta del neuroma di Morton è stato descritto da Dockery fin dal 1999. Concettualmente l’alcool, dimostratosi tossico per la fibra nervosa, presenta effetti collaterali più ridotti rispetto al fenolo nei tessuti circostanti. A dimostrazione di ciò, nello studio succitato si otteneva fino all’82% di successi su una popolazione di 100 pazienti.

Vanno ricordati altri due studi, uno di Fanucci e coll. del 2004 e uno di Hyer e coll. del 2005, con una risposta positiva nel 90% dei 40 pazienti trattati da Fanucci con 4 iniezioni di alcool al 30% e 6 buoni risultati su 8 neuromi nel lavoro di Hyer. In ambedue gli studi si sottolinea da un lato l’importanza della selettività infiltrativa, grazie al centraggio sotto guida ecografica, e dall’altro l’effetto “sclerosante” dell’alcool, dimostrato dalla modificazione ecografica della masserella, che diventa disomogeneamente iper-riflettente, con fini echi intermedi, alle ecografie successive.

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Qual’è il trattamento chirurgico per il neuroma di Morton?

Quando l’approccio conservativo non aiuta efficacemente il dolore, è necessario raccomandare un intervento chirurgico. Una neurectomia è l’intervento più comune per il neuroma di Morton. Il chirurgo rimuove parte del tessuto nervoso. Tuttavia, alcune persone hanno un intorpidimento permanente nel dito del piede colpito.

I nostri chirurghi ortopedici hanno una grande esperienza nell’esecuzione di tecniche chirurgiche minimamente invasive per alleviare il dolore del neuroma di Morton. La chirurgia comporta la rimozione dei nervi nella pianta del piede praticando una piccola incisione nella parte superiore del piede.

In generale, i pazienti possono riprendersi rapidamente da un intervento chirurgico causa neuroma di Morton in circa due o quattro settimane.

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Conclusioni

Il neuroma di Morton è oggi ben conosciuto e definito nelle sue caratteristiche cliniche, anatomo-patologiche e di “imaging”.

Si ribadisce l’importanza della diagnosi clinica, premessa fondamentale per conferme diagnostiche di I e II livello. Oggi è sicuramente l’ecografia l’esame di scelta per la conferma diagnostica, mentre altre indagini (TC,RMN, EMG) vanno considerate di II livello per diagnosi differenziale o casi dubbi.